luogo: Sesto Fiorentino, Firenze
cliente: PROTERA S.r.l.
superficie territoriale: 3240 m2
superficie lorda di pavimento: 5250 m2
Alcuni blocchi separati vanno costruiti in tempi diversi; sono destinati a gruppi di ricercatori, che daranno vita a giovani imprese, nate dalla ricerca universitaria, per applicazioni di chimica e biotecnologia. Questi spazi richiedono tanta riservatezza per i loro segreti, ma anche tanta disponibilità al confronto e allo scambio per far progredire la ricerca e la tecnica. Anche l'architettura, che non è solo funzione e comodità, ma soprattutto pensiero, vuole partecipare allo sforzo scientifico di questa comunità, riflettendo sui principi primi dell'organizzazione della forma e della materia. Perciò rifiuta il palazzo chiuso su quattro lati, che il piano di Sesto ci consegnava, per qualcosa di più astratto e generale di quei tipi edilizi consolidati, espressione di un equilibrio compiaciuto fra le esigenze di chiusura prospettica dello spazio stradale e la staticità dell'organizzazione sociale di una lunga fase storica, ormai chiusa. Maggiori incertezze alimentano i dubbi contemporanei, come l'astrazione, quel “far vuoto” intorno ai nuclei concettuali fondamentali, come lo studio di relazioni inusuali fra le cose e l'espressione come racconto della genesi del pensiero. Allora, come in un precipitato, la continuità si spezza e frammenti di organismi si isolano, ma cercano una relazione che possa esprimerne l'ordine. Qual'è dunque il principio insediativo? Ogni cosa inizia dai suoi limiti e marcare la differenza permette di creare dei luoghi. Così i frammenti si portano sui margini e si polarizzano, ma il progetto viene alla luce solo quando smetto di disegnare masse e pieni e il lavoro compositivo si concentra sul disegno del vuoto - il grande principio della modernità - portandolo in presenza: finalmente nasce lo spazio centrale. Ma il progetto subisce un altro vincolo, perché sorge sul vertice di un più vasto complesso, dove uno smusso lo priva del suo spigolo fondamentale, assegnando un ruolo alla diagonale; anche qui smetto di pensare volumetria di spigolo, ribalto il problema e cerco la risposta plasmando il vuoto: il vertice diviene lo spigolo mancante, un vuoto che fende la massa, crea spazio, collega al grande vuoto centrale che, a sua volta, viene proiettato nello spazio urbano. L'assenza dello spigolo introduce una singolare simmetria sulla linea obliqua: ecco l'ordine del complesso. Così tutto si chiarisce: il lavoro sul vuoto si estende a tutti gli spigoli, che sono i protagonisti del progetto, sono proiettati verso il centro e sagomano la massa, con un nuovo ordine compositivo e funzionale, da lì si entra nei blocchi. Lo spazio urbano torna a scavare la massa: i volumi sono scavati dall'interno verso l'esterno e, come i fronti, esprimono un principio di proiezione dal vuoto centrale, che aveva dato inizio al processo compositivo, verso l'esterno, e di rimando subiscono lo scavo sugli spigoli, mostrando che la conoscenza - a volte - segue percorsi un po' obliqui.